Mici Medievali

… Questo aveva le zampe sporche d’inchiostro.

Immaginatevi quel poveretto che stava scrivendo su queste pagine (probabilmente un monaco amanuense) e si è allontanato un attimo perché… perché, oh, ogni tanto bisogna pur sgranchirle le gambe. Liberare la vescica. Mangiarsi un bombolone alla crema. Prendere aria fresca nell’orticello del monastero. O anche semplicemente farsi i cavoli propri. Nel XIV secolo la noia era all’ordine del giorno, cosa credete. E anche la peste, ma quella non era divertente.

Ora immaginatelo mentre torna alla sua postazione e si trova davanti questo capolavoro (e, si sa, i danni fatti con questo tipo d’inchiostro sono irreparabili).

Immaginatelo mentre si mette le mani nei capelli (se ne aveva, certo, ma nella mia fantasia ce li ha).

Immaginate le imprecazioni che riecheggiano per tutto il monastero, con il mistico sottofondo dei canti gregoriani.

Non so perché, ma ho la vaga impressione che il gatto sia finito arrosto.

O quantomeno si sia beccato una clamorosa pedata.

Curiosità Medievali: il Salterio di Utrecht

Ripensavo all’esame di storia dell’arte medievale preparato a febbraio che mi ha fatto conoscere la bellezza della miniatura.

E cioè? vi starete chiedendo. La miniatura è l’arte di decorare le pagine dei “codex” medievali (i libri come li intendiamo oggi, tanto per essere chiari). Avete presente quei bei disegnini e la lettera maiuscola a inizio pagina tutta decorata che occupava così tanto spazio da nascondere le altre parole? Proprio loro. Diciamocelo, i monaci amanuensi si annoiavano a morte: vorrei vedere voi seduti per ore, nella stessa stanza (gli “scriptoria” dei monasteri, stanze usate dai monaci per ricopiare altri testi) a fare sempre le stesse cose. E così passavano il tempo disegnando. E non sono disegnini da poco, tipo le schifezze che facevamo noi su libri e quaderni. Quando poi la miniatura divenne una vera e propria forma d’arte affermata si cominciarono a intravedere i primi “miniaturisti”: artisti specializzati proprio solo nella miniatura, nella decorazione di pagine dei “codex” medievali (pensate a quei poveracci degli amanuensi: gli hanno tolto pure ‘sta gioia…). Il luogo chiave, lo “scriptorium” più importante dove si sviluppa questo tipo di decorazione era Reichenau, isoletta minuscola nel Lago di Costanza, e i miniaturisti più importanti del IX-X secolo si trovano proprio qui, ed erano: Liuthar, Ruodprecht e Eburnant (tornando al discorso che nel Medioevo avevano seri problemi con i nomi…) e hanno prodotto dei veri e propri capolavori. Mentre, nel XIII secolo, in Francia, il più importante fu Maître Honoré (a mio parere, un autentico genio… magari ne parlerò un giorno).

Questa premessa era necessaria per procedere con la spiegazione e introdurre l’argomento principale della trattazione: il Salterio di Utrecht (quello che vedete in foto). Lo so cosa vi state chiedendo, perché è la stessa cosa che mi sono chiesta io la prima volta: che diavolo è un salterio?  Bene, altro non è che un “codex” contenente tutti i 150 Salmi organizzati secondo uno schema settimanale o quadrisettimanale, in maniera tale che nel corso della settimana o mese si potessero recitare tutti (o quasi, l’idea era questa… diciamo che ci provavano e noi apprezziamo lo sforzo).

Il Salterio di Utrecht è geniale, innovativo, dissacrante.

Attualmente conservato a Utrecht (e grazie…), risale all’830 circa, ed è un capolavoro di epoca carolingia ad opera della Scuola dei Reims. È eccezionale perché integro: contiene tutti e 150 i Salmi, con anche Credo Apostolico e Padre Nostro. Capite bene che è una rarità, viste tutte le “turbolenze” che ci sono state dal Medioevo ad oggi. Il testo è redatto su tre colonne con inchiostro rosso-bruno (se ve lo state chiedendo sì, il colore si è conservato perfettamente… altro motivo per cui è considerato una rarità) e i disegni che ne decorano le pagine altro non sono che inchiostro su pergamena. Niente colori, niente lamine d’oro, niente di niente. Solo inchiostro, e basta. Sono di una semplicità disarmante, ma non è solo questa la loro particolarità.

I disegnatori hanno rappresentato alla lettera ciò che i salmisti avevano scritto. La particolarità sta proprio qui: le immagini “traducono” passo passo, su queste pagine, il testo del Salmo in questione. E sappiamo bene che i Salmi spesso si esprimono per via metaforica… immaginate cosa può esserne venuto fuori. Lo ammetto, inizialmente ho pensato che il mio libro di testo mi stesse prendendo per i fondelli. Soprattutto quando ho letto le descrizioni di alcuni di questi disegni.

Vi faccio alcuni esempi:

  • Salmo 68: il salmista invoca l’aiuto divino dato che “l’acqua mi giunge alla gola”. Non l’avesse mai scritto. Il copista ha pensato bene di rappresentare un naufrago, mentre il Signore incarica uno scrivano di cancellarne il nome dall’elenco dei vivi. No, non sto scherzando. Giuro, la prima volta non ci credevo nemmeno io.
  • Salmo 11: il versetto “gli empi muovono in cerchio” è reso con un gruppo di persone che ruotano intorno ad un piatto rotondo. Forse nemmeno loro avevano capito che cosa voleva dire il salmista.
  • Salmo 43: quando il Salmista invoca il Signore con le parole “Svegliati, perché dormi?”, il copista pensa bene di rappresentare un sontuoso letto a baldacchino in cui Dio è sdraiato.

È un “unicum” nella storia dell’arte, non ne troverete un altro uguale manco se vi ci impegnate. Che dire? È geniale, e dissacrante. Personalmente mi ha fatto cadere le braccia quando ne ho sentito parlare per la prima volta.

Nel Medioevo sapevano anche essere (involontariamente) simpatici.